Come inquilino, in ogni tipologia di contratto, è prevista la possibilità per l’inquilino di dare disdetta anticipata rispetto alla scadenza prevista, se ricorrono gravi motivi, ovvero motivi non prevedibili e non noti quando si è preso in affitto l’immobile. La tempistica dipende dalla tipologia di contratto e da quanto pattuito all’interno del contratto stesso; la disdetta solitamente va inviata tramite raccomandata scritta con ricevuta di ritorno.
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Dipende!! Se il proprietario è in regime di cedolare secca non è possibile aumentare il canone di affitto per tutto il periodo in cui aderisce a tale regime fiscale. Se il proprietario è in regime Irpef e se nel contratto è riportato uno specifico articolo che prevede l’aggiornamento, allora in corrispondenza della scadenza annuale è possibile aumentare il canone sulla base dell’indice Istat, di solito (salvo diverse e specifiche indicazioni) riferendosi all’indice del mese precedente quello della scadenza. Ad esempio: contratto libero di 4 anni + 4 con decorrenza dal 15/05/2021, viene rinnovato al 15/05/2022 aggiornando il canone di 7.200 euro annui con l’indice Istat di aprile 2022 che corrisponde al +5,8%, ovvero da quel momento l’inquilino pagherà 635 euro al mese, invece di 600 euro. Tale nuovo canone è quello che va registrato presso l’agenzia delle entrate e sui si calcoleranno le relative imposte. Non è possibile, invece, richiedere aumenti arbitrari e fissi, non legati ad uno specifico valore Istat.
Il deposito cauzionale, da non confondere con la caparra che si versa all’inizio per “impegnarsi” a prendere in affitto la casa, è la garanzia che l’inquilino rilascia al proprietario come fondo per eventuali danni o debiti a fine locazione. Questo vuol dire che a fine contratto, quando si andranno a restituire le chiavi, si fa un giro di controllo e si verifica che la casa venga riconsegnata in buono stato, che non ci sono altre spese da pagare. In queste circostanze il deposito va restituito dalla proprietà, che di solito chiede una settimana o 10 giorni per poter visionare bene il tutto e restituire l’intera cifra, oppure contestare eventuali danni che emergono dal giro di controllo. Se infatti il proprietario, per fare un esempio consegna un tavolo nuovo e senza graffi (come da verbale di consegna firmato) e poi si ritrova con un tavolo con un buco nel centro, farà le foto di questo danno e chiederà di trattenere dal deposito consegnato una cifra adeguata a riparare o ricomprare il tipo di mobile danneggiato.
Per legge i contratti di locazione ad uso abitativo con canone libero hanno una durata minima di 4 anni, con uno stesso periodo di rinnovo automatico di 4 anni. Accanto a questo contratto ci sono i contratti cosiddetti “del secondo canale” che permettono di avere durate diversa:
Ci sono poi i contratti completamente liberi, regolati dal codice civile che sono quelli previsti per i contratti a uso turistico, ad esempio.
La suddivisione più semplice che si fa in questi casi è quella tra spese ordinarie che sono a carico dell’inquilino (ovvero le spese condominiali per pulizia scale, luce, gas; le bollette legate ai consumi; le piccole riparazioni) e quelle straordinarie a carico del proprietario che comprendono interventi di sostituzione dei componenti. Per fare un esempio classico: la pulizia periodica della caldaia compete all’inquilino, l’eventuale sostituzione della caldaia perché ormai vecchia compete al proprietario.
La tassa sui rifiuti va pagata da chi occupa l’immobile, ovvero da chi ci vive. Detto questo è facile dedurre che nel caso di un immobile in affitto è l’inquilino a doverla pagare, facendo regolare denuncia presso l’ufficio tributi di competenza. L’imposta, infatti, viene calcolata in base ai mq e al numero di persone che vivono nella casa.
Se vivo stabilmente in un posto, con un regolare titolo abitativo qual è un contratto di affitto, è possibile chiedere di prendere la residenza in quell’immobile. È sempre meglio informare il prorpeitario di tale richiesta e accertarsi quindi che non ci siano altre persone che hanno lì la residenza. Non vi è un obbligo, d’altra parte, di procedere con il cambio di residenza, ma certamente far coincidere la residenza con il luogo in cui si vive principalmente rappresenta la scelta migliore e più semplice.
Il proprietario non può dare disdetta in qualsiasi momento, per nessun motivo; ma solo in corrispondenza delle scadenze individuate e con adeguato preavviso. Può però vendere l’immobile cedendo al futuro acquirente il contratto così com’è, quindi con le stesse condizioni e la stessa durata. Può invece dare disdetta alla prima scadenza usando la vendita come motivo, dovendo però riconoscere il diritto di prelazione all’inquilino. Quindi se il prorpeitario vi comunica l’intenzione di vendere, ma voi avete ancora tre anni di contratto, non c’è bisogno di preoccuparsi.
Questo è un rigoroso no! Il prorpeitario deve consegnare tutte le copie delle chiavi e accordarsi con l’inquilino per eventuali visite. L’inquilino deve concedere, sulla base della propria disponibilità, l’opportunità di far visitare l’immobile ad eventuali acquirenti o nuovi inquilini.
La questione è ampiamente dibattuta. Per capire se la risposta è un sì o un no dipende dalla causa della muffa. Se parliamo di muffa causata dall’inquilino perché non fa arieggiare bene gli ambienti, ad esempio, allora è il proprietario a poter chiedere di intervenire. Se invece la muffa è dovuta a un vizio della casa concessa in affitto e se il proprietario non volesse porvi rimedio, allora l’inquilino potrebbe chiedere una risoluzione immediata del contratto se non fosse possibile continuare a vivere in quella casa e valutare una contestuale richiesta di risarcimento dei danni subiti.
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